POLIZIA DI STATO - MOBBING - RAPPORTO DI LAVORO - T.A.R. Liguria Genova Sez. II, 16-03-2018, n. 225

POLIZIA DI STATO - MOBBING - RAPPORTO DI LAVORO - T.A.R. Liguria Genova Sez. II, 16-03-2018, n. 225

Il mobbing, a prescindere dalla maggiore o minore forza d'animo e di carattere del soggetto che lo subisce, cagiona uno stato di ansia in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa dovuto alla presenza di una situazione ostile nonché una sorta di consapevolezza in ordine alla disistima da parte del proprio ambiente lavorativo che mina l'autostima del soggetto e che è normalmente, secondo l'id quod plerumque accidit, fonte di grave sofferenza, specialmente in contesti come quello militare o dei corpi di polizia in cui il sentimento del proprio onore costituisce patrimonio di ciascun dipendente; l'esistenza di una situazione di pregiudizio non patrimoniale, pertanto, può essere desunta in via presuntiva ai sensi dell'art. 2727 c.c. dagli stessi comportamenti mobbizzanti posti in essere dall'amministrazione né la quantificazione del danno può che avvenire in via equitativa occorrendo un criterio che si agganci a parametri certi e non meramente soggettivi.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale-OMISSIS-, proposto da:

-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Leonardi, Francesco Massa, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Massa in -OMISSIS-, via Roma 11/1;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato presso cui è domiciliato in -OMISSIS-, viale Brigate Partigiane 2;

per l'accertamento

del pregiudizio subito per effetto di una serie di condotte, reiterate, sistematiche, ostili e discriminatorie subite nell'ambiente lavorativo e finalizzate alla persecuzione e vessazione ("mobbing"), nonchè illegittimità di tali condotte, e per la condanna al risarcimento danni subiti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 24 ottobre 2015 e depositato il successivo 30 ottobre 2015 il sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-della Polizia di Stato, ha formulato la domanda di cui in epigrafe.

Il ricorrente ha premesso, nella narrativa in fatto, l'esposizione della vicenda che lo ha visto protagonista.

Il ricorrente ha evidenziato di essere stato responsabile della -OMISSIS--OMISSIS-e che, a seguito dell'insediamento -OMISSIS-a capo del -OMISSIS-, si sarebbero verificati una serie di comportamenti vessatori sia da parte -OMISSIS--OMISSIS- che dell'amministrazione della Polizia che integrerebbero la fattispecie del mobbing.

In particolare il ricorrente ha evidenziato i seguenti episodi:

privazione degli incarichi;

irrogazione di una sanzione disciplinare illegittima, sulla base di un falso presupposto, sanzione disciplinare che è stata annullata dal giudice amministrativo con sentenza passata in giudicato;

negazione, per effetto della sanzione disciplinare subita, di importanti attestazioni di merito come la croce di bronzo per anzianità di servizio e la medaglia d'oro al merito;

omesso conferimento di tre riconoscimenti di valore (due compiacimenti e un premio in denaro);

impedimento all'accesso agli atti dei procedimenti in cui era coinvolto; addirittura, in una di queste occasioni, gli sarebbe stato falsamente riferito che il documento di cui era stata chiesta la visione era stato distrutto;

omessa corresponsione di indennità economiche contrattualmente dovute;

attribuzione ingiusta e pubblica di comportamenti scorretti nonché di illeciti disciplinari e penali dai quali lo stesso era stato assolto;

denigrazione del ricorrente dinanzi a privati cittadini;

svolgimento di indagini interne i cui atti non sarebbero stati mostrati al ricorrente;

attribuzione di mansioni inferiori consistenti nell'assegnazione all'Ufficio controllo del territorio;

trasferimento ad altro ufficio;

demansionamento mediante la privazione di ogni incarico di comando e l'attribuzione di incarichi meramente burocratici.

Il ricorrente evidenziava come, per effetto del complesso delle condotte descritte, lo stesso avesse presentato una sintomatologia psico - fisica legata allo stress e alla depressione quale problemi di fegato, gastriti e lesioni dermatologiche.

In particolare il ricorrente avrebbe subito un periodo di inabilità temporanea parziale del 50% fino al 2014, seguita da un altro periodo di inabilità temporanea parziale al 25% per tutto il 2014 oltre che postumi permanenti invalidanti pari al 15%.

Il ricorrente, pertanto, chiedeva a titolo di risarcimento del danno la somma di Euro 84576.

Il ricorrente chiedeva, altresì, la condanna dell'amministrazione alle spese di giudizio.

Si costituiva in giudizio l'amministrazione intimata.

Con ordinanza 12 gennaio 2017 n. 3 è stata disposta istruttoria.

All'udienza del 19 maggio 2017 il ricorso è passato in decisione.

Con sentenza non definitiva 6 giugno 2017 n. 502 il Collegio ha accertato la sussistenza di una situazione di demansionamento e di mobbing ai danni del ricorrente, stabilendo quale data iniziale degli episodi mobbizzanti quella dell'8 luglio 2013 disponendo verificazione al fine di accertare il nesso di causalità con i pregiudizi alla salute lamentati dal ricorrente e per la quantificazione del danno alla salute dallo stesso subito.

Il Collegio ha altresì rinviato al definitivo la quantificazione del danno da demansionamento.

Con verbale 16 ottobre 2017 n. 617 la Commissione medica ospedaliera presso l'Ospedale militare di Milano, incaricata della verificazione, rappresentava gli esiti della attività istruttoria espletata.

All'udienza pubblica del 7 febbraio 2018 il ricorso è passato in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio rinvia alla sentenza non definitiva 6 giugno 2017 n. 502 per quanto riguarda l'accertamento del demansionamento e del mobbing ai danni del ricorrente.

Il danno da demansionamento, tuttavia, non può essere risarcito, non avendo il ricorrente proposto la relativa domanda nel termine di 120 giorni, decorrenti dal momento della conoscenza del provvedimento che tale demansionamento ha concretizzato.

Deve, infatti, rilevarsi come, pur essendo lo ius in officio una posizione avente la consistenza del diritto soggettivo, nondimeno tale diritto possa essere affievolito dai provvedimenti amministrativi di gestione del rapporto da parte dell'amministrazione.

Nella specie sia il decreto di trasferimento del ricorrente dal -OMISSIS- di -OMISSIS--OMISSIS-a quello di -OMISSIS- -OMISSIS-, operato con decreto del Questore di -OMISSIS- 27 dicembre 2013 n. 112, che il successivo provvedimento di assegnazione alla seconda sezione Polizia -OMISSIS-appaiono, al più, affetti da un cattivo esercizio del rispettivo potere e non già da carenza di potere, onde la configurabilità in capo al ricorrente di una situazione di interesse legittimo la cui risarcibilità resta subordinata alla proposizione della relativa domanda nel termine di giorni 120 dalla piena conoscenza dei provvedimenti lesivi ai sensi dell'art. 30, comma 3, c.p.a..

Il ricorrente ha, invece, proposto ricorso soltanto il 23 ottobre 2015 quando ormai il termine di cui all'art. 30, comma 3, c.p.a. era scaduto.

Da altro punto di vista occorre rilevare come l'omessa impugnazione del trasferimento e della successiva assegnazione alla seconda sezione Polizia -OMISSIS-nell'ambito del -OMISSIS- di -OMISSIS- -OMISSIS-precludano, ai sensi dell'art. 30, comma 3, il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare mediante l'esperimento dei mezzi di tutela previsti.

L'accertato demansionamento, tuttavia, pur non essendo autonomamente risarcibile ex se, costituisce l'elemento che ha consentito al Collegio di qualificare l'intera vicenda che ha avuto come protagonista il ricorrente in termini di mobbing.

Il risarcimento del danno cagionato dalle condotte mobbizzanti poste in essere dall'amministrazione deve, tuttavia, essere limitato al danno non patrimoniale con esclusione del danno biologico

asseritamente subito dal ricorrente, dal momento che la verificazione disposta dal Collegio ha escluso l'assenza del nesso di causalità tra il comportamento mobbizzante e le patologie lamentate dal ricorrente.

Deve preliminarmente rilevarsi come la difesa del ricorrente lamenti il mancato esame da parte dell'organo verificatore della perizia di parte della consulente -OMISSIS-30 settembre 2017 asseritamente inviata all'organo verificatore in data 6 ottobre 2017.

Il Collegio rileva che nella relazione di verificazione non viene fatto alcun cenno a tale perizia di parte, circostanza quest'ultima che induce a ritenere che l'elaborato peritale non fosse giunto alla conoscenza della Commissione.

Dall'esame della ricevuta di invio della perizia a mezzo posta elettronica si evince, peraltro, come il perito non abbia inviato correttamente la perizia all'organo verificatore.

Risulta, infatti, che il perito abbia utilizzato l'indirizzo di posta elettronica -OMISSIS-per inviare l'elaborato all'indirizzo -OMISSIS-.

Orbene, è notoria la circostanza che non sia possibile l'invio di una mail da un indirizzo di posta elettronica comune ad uno di posta elettronica certificata.

Né d'altro canto il ricorrente fornisce la prova in ordine al positivo esito dell'invio.

Ne consegue che nessun vizio affligge l'operato della Commissione incaricata della verificazione, non essendo provato che la relazione peritale di parte le sia stata effettivamente trasmessa.

Ciò posto la verificazione ha escluso che le patologie del ricorrente fossero dipendenti causalmente dal comportamento mobbizzante accertato.

L'organo accertatore ha concluso la propria indagine medico - legale evidenziando come le infermità: "prurigo escoriata cuoio capelluto, gastroenteriti virali ricorrenti e steatosi epatica...non possano essere attribuibili alla complessiva situazione di mobbing come ricostruita nella sentenza".

Inoltre l'infermità "disturbo dell'adattamento con ansia persistente...non può essere considerata in dipendenza causale dalla complessiva situazione di mobbing come ricostruita dalla sentenza TAR Liguria in quanto può essere considerata preesistente alla data di inizio del comportamento mobbizzante da parte dell'amministrazione di appartenenza".

Le conclusioni dell'organo verificatore meritano piena adesione da parte del Collegio.

Né la perizia di parte pure depositata in atti appare idonea, per la sostanziale genericità delle sue argomentazioni, ad inficiare l'attendibilità delle conclusioni della Commissione verificatrice.

Escluso che il mobbing abbia determinato profili di pregiudizio e di danno alla salute autonomamente accertabili deve, tuttavia, rilevarsi come, trattandosi di un comportamento illecito gravemente lesivo della dignità del lavoratore, possa presumersi che lo stesso abbia comunque cagionato un pregiudizio non patrimoniale liquidabile equitativamente.

Il mobbing cagiona di norma, a prescindere dalla maggiore o minore forza d'animo e di carattere del soggetto che lo subisce, uno stato di ansia in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa dovuto alla presenza di una situazione ostile nonché una sorta di consapevolezza in ordine alla disistima da parte del proprio ambiente lavorativo che mina l'autostima del soggetto e che è normalmente, secondo l'id quod plerumque accidit, fonte di grave sofferenza, specialmente in contesti come quello militare o dei corpi di polizia in cui il sentimento del proprio onore costituisce patrimonio di ciascun dipendente.

L'esistenza di una situazione di pregiudizio non patrimoniale, pertanto, può essere desunta in via presuntiva ai sensi dell'art. 2727 c.c. dagli stessi comportamenti mobbizzanti posti in essere dall'amministrazione.

La liquidazione del danno non può che avvenire in via equitativa.

Il Collegio ritiene tuttavia che un criterio per agganciare tale liquidazione a parametri certi e non meramente soggettivisti sia da rinvenire nella circostanza dell'avvenuto demansionamento del ricorrente.

Tale circostanza, infatti rende particolarmente evidente la sofferenza che il ricorrente -OMISSIS--OMISSIS-, qualifica apicale del ruolo, deve avere provato per essere stato privato dei compirti propri della qualifica.

Quantificare una sofferenza individuale è sempre operazione complessa e non scevra da aspetti di arbitrarietà e tuttavia il Collegio ritiene di quantificare il pretium doloris nella differenza tra lo stipendio tabellare lordo proprio della qualifica di -OMISSIS--OMISSIS- e quello della qualifica iniziale del ruolo degli ispettori. In sostanza se il mobbing ha mortificato la professionalità e la percezione individuale del proprio valore del ricorrente, quasi che lo stesso fosse stato retrocesso a compiti facilmente esercitabili da un soggetto agli esordi della carriere nel ruolo ispettori, appare equo ristorare tale sofferenza con un somma che sia pari alla differenza stipendiale tra la propria qualifica e quella iniziale del ruolo.

La misura della liquidazione del pregiudizio deve pertanto essere determinata sulla base degli stipendi vigenti all'epoca dei fatti e stabiliti dal D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170.

L'art. 2, comma 3, D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 prevede che lo stipendio annuo lordo della qualifica iniziale del ruolo -OMISSIS-sia pari a Euro.19887,53 e che lo stipendio annuo lordo della qualifica di -OMISSIS--OMISSIS- con meno di 8 anni di servizio, avendo conseguito il ricorrente tale qualifica in data primo gennaio 2009, sia pari ad Euro. 21905, 10.

Ne consegue che per ogni anno di durata del comportamento mobbizzante competerà al ricorrente la somma di Euro. 2017, 57.

La condotta mobbizzante deve essere fatta risalire al giorno 8 luglio 2013 e deve ritenersi cessata con il trasferimento del ricorrente al -OMISSIS- di -OMISSIS- -OMISSIS-avvenuto con decreto del Questore di -OMISSIS- 18 agosto 2017 n. 3061 (doc n. 60 prod. ricorrente 20 dicembre 2017).

A tal riguardo occorre precisare come, se pure il ricorrente continui a lamentare che anche la nuova assegnazione non sia satisfattiva, onde tale assegnazione perpetri la situazione di mobbing, nondimeno il nuovo trasferimento non sia stato impugnato e neppure sia stata formulata per mezzo di motivi aggiunti una domanda ulteriore di riconoscimento di un comportamento mobbizzante.

Conseguentemente al ricorrente spetterà a titolo di risarcimento del danno da mobbing la somma di Euro. 8294.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto condanna l'amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno da mobbing, della somma di Euro. 8294.

Condanna l'amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro. 4000, 00 (quattromila/00) oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art.22, comma 8 D.Lgs. n. 196 del 2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in -OMISSIS- nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Pupilella, Presidente

Luca Morbelli, Consigliere, Estensore

Angelo Vitali, Consigliere


Avv. Francesco Botta

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